venerdì 25 gennaio 2008

Una delle più belle "lettere d'amore" mai scritte. Nick Cave poeta notturno, figura fatta di ombre e chiarori lunari, il più delle volte "maledetto" ma stavolta alla corte della malinconia. Brano estratto dall'intenso "No More Shall We Part".

Io non voglio diventare vecchio

Io non voglio diventare vecchio
perché lo sono già stato mille volte
e so già il buio e quella vile tempesta.

Ora che piango come vidi
pianger mio padre,
la stessa ruga e la testa
abbattuta, piena di sgomento,
imparo che la giovinezza non corre
nelle sorprese del sangue ma nello
sguardo che un vento strappa da terra

per vedere in questo duro paese
l'infinita somiglianza tra Dio
e il viso di lei tutte le sere, i rami
nudi contro il cielo, il vino
fermo nel bicchiere . . .

Davide Rondoni

mercoledì 23 gennaio 2008

The Company - di Robert Altman. Con Neve Campbell, James Franco, Malcolm McDowell. Colore 113 min. Produzione Usa.

L'allora 78enne maestro americano lascia per una volta da parte la sua pungente vena ironica e si diletta a girare un non-film, una sorta di pellicola a metà strada tra il musical ed il documentario addentrandosi in una compagnia di ballo, esattamente quella del Chicago Ballet, lasciando scorrere la macchina da presa tra palco, back-stage e sprazzi di vita privata dei protagonisti come occhio osservatore. Il prezzo del biglietto vale sicuramente già solo per le coreografie che la compagnia si esalta a rappresentare, tra sudore e passione, prove e discussioni che fanno da contorno al gran numero di immagini in cui si riprende il corpo di ballo in azione. Particolarmente inebriante quella iniziale che accompagna i titoli del film vista la dinamicità, la semplicità e la fantasia con cui si creano figure con nastri. All’interno della compagnia la telecamera punto lo sguardo in particolare su Ryan(Neve Campbell, ex ballerina del National Ballet Of Canada. Suo il soggetto del film), che vive tra le retrovie per poi farsi strada fino a diventare prima ballerina. Anche se il ghigno beffardo di Altman nel finale riesce comunque a lasciare il segno. Alla fine gli amori, le incomprensione e soprattutto le soddisfazioni guidate dal direttore Alberto Antonelli, un McDowell(giogione) in stato di grazia sono solo degli espedienti che fanno da sapone per far scivolare lo spettatore all’interno di un mondo non troppo conosciuto e ritenuto ostico a priori. Uno sguardo dello spettacolo all’interno dello spettacolo, privo apparentemente di sceneggiatura ma che sa raccontare con intensità la dedizione alla danza, il sacrificio che sconvolge anche la vita privata e ne detta i tempi. Un docu-film, quindi, un esperimento ben riuscito da parte di un cineasta capace ancora di mettersi in discussione. E' un film di Altman. Ed è tutto un (bel) dire.

lunedì 21 gennaio 2008

Teresa11 - Smoky Heaven. Eibon Records 2006

Etnica? Ambient? Sperimentazioni? Jazz-noise? Davvero arduo
dare un volto, un benchè minimo indizio grazie al quale provare ad identificare il concetto sonoro che si maschera dietro al trio nipponico Teresa11. L'arpa il pilastro portante su cui poggia questo "Smoky Heaven", e titolo di per sé esplicativo del dubbio di cui sopra visto che questa sorta di ossimoro lascia intendere molto e poco allo stesso tempo. Ma lasciando ciondolare il dubbio su una possibile quanto improbabile definizione, ciò che realmente importa è la sostanza, la consistenza di questo lavoro che come conseguenza della sua indefinibilità alimenta con forza curiosità e sprigiona fascino. Con un minimalismo ed un sottile romanticismo di fondo, le Nostre fanno di uno strumento classico il viatico per esprimere la loro idea del presente. Una modernità assai lontana dal modernismo abituale frettoloso ed arruffone, ed interpretata in punta di piedi con garbo, ricca di arrangiamenti in una dicotomia in bilico tra sonorità orientali(Kabuki) ed occidentali(Trip-hop), e dal non facile ascolto. Infatti, per poter apprezzare pienamente tutte le sfumature del disco l'ascolto deve essere ripetuto ed attento, e senza mai perdere d'occhio il sostrato di dolcezza che la voce e vocalizzi vari sono così naturalmente predisposti ad elargire alle orecchie ed alle corde interne di ognuno. Movimenti ora gracili, ora spigolosi, ritmiche e percussioni che si agitano in secondo piano con cadenza lenta, e melodie acerbe che esplodono, poi, nella bellissima "Irony Of Fate" in un botto emotivo da pelle d'oca. Detto questo, Teresa11 rimane un progetto che dal vivo farebbe la sua miglior figura in piccoli club fumosi schiavi di luci sommesse e soffuse, in ambienti schivi dove trascorrere lunghe serate senza il ricatto del tempo, proprio lì dove "Smoky Heaven" conduce. In quel paradiso velato, seminascosto, che credi di conoscere senza esserci mai stato. Magari anche casa tua. Magari anche te stesso.

Recensione già pubblicata su Hardsounds.it