
Curiosità: entrambi gli attori protagonisti furono premiati a Cannen ex aequo in quell'anno. Ma Mehmet Emin Toprak morì tragicamente in un incidente d'auto alcuni giorni prima della premiazione.
Bobby(Farrell) è un ragazzo particolare e sensibile che passa dall'infanzia all'adolescenza e da questa all'età adulta, portando con sé e coltivando ciò che ritiene più importante nella vita: l'amore. Questo nonostante la perdita drammatica del fratello maggiore, ed in rapida successione di mamma e papà. Solo, viene accettato dalla famiglia di Jonathan(Roberts), suo amico, col quale intraprende un timido rapporto omosessuale. Separati dal college, dopo anni di distacco Bobby va a vivere a New York con Jonathan e Clare(Wright-Penn, con la quale divide l'appartamento). Seguiranno piccole turbi, incomprensioni, brevi dolorosi distacchi, fin quando una nuova nascita porterà con sé anche la consapevolezza(o la maturazione) dei tre, delle loro scelte definitive. "Una casa alla fine del mondo" è un film gracile, tratto da un successo autobiografico dello scrittore di Micheal Cunningham(e da lui stesso sceneggiato). Potremmo certamente parlare di un menage a trois del nuovo millennio, di un film sull'omosessualità, di un film sulla famiglia(vista non dal lato canonico), ma è soprattutto un film sull'amore, quello incondinzionato che travalica genere e sesso. Michael Meyer, regista off-Broadway al suo debutto, dirige in scioltezza senza mai calcare la mano lasciando scivolare la storia naturalmente, prendendo qualche rischio di troppo(superato da una sceneggiatura convincente), ma senza mai lasciare in sospeso la narrazione. Ambientato in una sognante America e partendo da Cleveland(dove si conclude) sul finire degli anni '60, il film si porta dietro per tutta la sua durata quell'aura eterea, surreale, utopica tipica di quegli anni, rafforzata da una costante, splendida colonna sonora(Jefferson Airplane, Patti Smith, Bob Dylan e molti altri), e da un cast d'attori credibile dove Dallas Roberts(attore di teatro) ruba la scena al più noto Farrell. "Una casa alla fine del mondo" è anche un film importante oltre che un buon film. Nonchè coraggioso e purtroppo snobbato da gran parte di pubblico. Coraggioso perchè uscì all'indomani di una campagna elettorale di quella parte dell'America uscita vincente dalle scorse elezioni anche grazie all'opposizione inquisitoria proprio contro i temi in esso trattati; importante perchè lo fa in modo assai leggero senza il bisogno di dovere a tutti costi convincere nè lo spettatore, nè l'opinione pubblica(virtù rara di questi tempi). Emozionante, inoltre, con un lungo dolce-amaro finale che lascia appena intravedere, seppur immerso in una poetica consolatoria, una solitudine forse prossima e definitiva che non aveva mai trovato posto, invece, in tutta la storia anche durante il periodo di vita peggiore.
Il mènage a trois più famoso della storia del cinema in cui amicizia ed amore si librano tra città(Parigi), e montagne(austriache) dell’Europa della prima metà del secolo scorso con una purezza “ideale” difficilmente riscontrabile in altre opere cinematografiche e che rendono la pellicola un’entità eterea, impalpabile. Un film universale, libero, non convenzionale, tragico ma poetico, una poesia talmente alta che rende anche il gesto finale un atto d’amore inopinabile, “arbitrato” da un Truffaut incredibilmente raffinato e malinconico il quale, con mano leggera e cuore in orbita dirige senza mai invadere la sceneggiatura con personalismi di genere. Il film narra la storia di Jules(Werner) e Jim(Serre), due ragazzi, uno francese(Jim) ed uno austriaco(Jules) i quali trascorrono le giornate corteggiando donne fin quando, di ritorno da un viaggio in Grecia, incontrano Catherine(Moreau) e ritrovano lo stesso sorriso che avevano visto scolpito su una statua. Catherine li ama entrambi, ma sceglierà di sposare Jules. Inizia così lo sviluppo della trama che si dipana tra divisioni(i due combatteranno contro durante la prima guerra mondiale), ed incontri(Jules che invita Jim allo chalet in montagna dove vive con Catherine e una figlia), tra la passione labile di Catherine(che sente di non amare più Jules), e la rassegnazione di Jules che accetta l’amore di lei per Jim. Fino ad arrivare all’ultimo atto del film quando Catherine, sconfitta dalla sua stessa labilità affettiva compie un tragico gesto. Jules, distrutto, in un atto di libertà emotiva straziante, al di fuori del Tempo e dello Spazio e di ogni altro Ente confutabile, piangerà l'assenza di entrambi. Un film massacrato all'epoca per le scelte di Truffaut giudicate amorali, per il suo completo distacco e senza partecipazione/presa di posizione. Ma un film che sotterra ogni possibile critica sotto metri e metri di poesia e libertà spirituale. Un film che ancora oggi conserva un enorme fascino decantando l’incontenibile forza dell’amore. Quello puro, ideale e da molti inseguito ma quasi mai raggiunto e, forse, motivo per cui continuiamo a rincorrerlo.